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Photo du rédacteurMario Salis

Addio a Giovanna Marini

Ricordo



della grande compositrice di musica popolare scomparsa ieri a 87 anni

«Il pentagramma è un’astrazione accettata solo dai bambini. Gli adulti, invece, vogliono sapere il perché, ma nella musica non c’è un perché. Ascoltate e darete una vostra ragione al suono. Ma il suono non si spiega». Giovanna Marini, scomparsa ieri a 87 anni, era gentile e calma, quel giorno del 2016 al telefono. Allora la intervistai per «Magzine», la testata online della Scuola di Giornalismo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. All’epoca il direttore di «Magzine» era Matteo Scanni. Giovanna Marini mi parlò di tante cose. Tutte preziose. La interrogai su quando, come raccoglitrice di musica popolare di tradizione orale, aveva dovuto inventare una nuova notazione. «Ne sentivo il bisogno» rispose. «Ne parlavo con Carpitella, facevo i miei tentativi che lui trovava sempre “egregi”. Scrivo così per facilitare la lettura a ragazzi che non sanno la musica. Uno spazio maggiore significa che una nota dura di più. Ho dovuto lottare con me stessa per questo perché mia nonna, che mi insegnava a scrivere nei tempi di guerra, mi diceva sempre: non perdere spazio che la carta costa. La notazione deve diventare un incrocio tra astrazione e deconcretazione».

Le chiesi del suo lavoro su Leopardi. «Lui è stato sempre una mia grande passione. Ho musicato tre pezzi di Leopardi, per voci. Ormai avevo deciso che gli strumenti non andavano bene. Avrebbero raddoppiato la voce come faceva Mozart, peraltro allora scandalizzando tutti. Perché per loro le voci dovevano essere distinte e contrapposte». Alla domanda se aveva scelto i testi di Leopardi per esigenze musicali o motivi del cuore, non esitò un secondo: «Del cuore. Nell’operetta morale, per esempio, mi era piaciuto il tono disinibito nei confronti della morte». Poi aggiunse: «Ho messo in musica anche Dante. “La vita nova”. Un testo geniale. Lui pensa di descrivere la morte di Beatrice perché la morte di una ragazza di sedici anni è bellissima. Lo dice senza nessun sospetto di cinismo: Beatrice deve morire perché io devo scrivere la ballata». La voce di Giovanna Marini al telefono era sorridente. Mi confidò con sincerità: «Ciò che mi interessa è la gente: i pendolari, quelli che fanno la fila alla posta. Tante volte mi viene da pensare: questa è la mia gente, quella con cui voglio stare. Mentre tutti quelli che si infilano in un’etichetta non sono sopportabili».

Parlammo pure delle sue composizioni per il cinema. C’era una specificità? «Mi viene data dai registi» mi spiegò «Maselli arrivava a fischiettare. Io gli dicevo: dimmi degli aggettivi, Citto, in modo che io possa capire quello che vuoi. Non era facile, lui era molto sensibile. Mi ha spinto a scrivere per orchestra. Per “Lettera aperta a un giornale della sera” avevo usato due chitarre. Ma poi Maselli mi disse: “Per “Il sospetto” devi scrivere per orchestra”». A questo punto, nella conversazione con Giovanna Marini si fece spazio un suo ricordo molto personale: «Anche mia madre mi dava dei suggerimenti. Era un pozzo di sapienza, insegnava ancora al Conservatorio. Un insegnamento domestico che poteva svolgersi anche cucinando o mangiando». Poi, Giovanna Marini tornò a raccontare la sua professione di compositrice di colonne sonore: «Dopo la prima partitura per Maselli ho continuato. Oggi i produttori non pagano più gli orchestrali. Propongono di usare le macchine: ma quelli sono suoni brutti, da supermercato». Quando parlammo della sua attività di insegnante a Testaccio, mi informai sui suoi alunni. Chi erano? «Quando ho cominciato 30 anni fa, sono venuti tutti i vecchioni in eskimo, i nostalgici del ’68 […] Adesso vengono dei ragazzi […] si ignora tutto. Ricomincio ogni volta daccapo. Gli allievi più appassionati restano, alcuni stanno con me da 20 anni. Abbiamo vissuto tutte le avventure della vita insieme. C’è un gruppo stabile che dà un senso di famiglia ai nuovi arrivati. Ogni anno abbiamo un momento in cui stiamo sempre insieme: uno scatenamento di euforia generale. Anche stasera che mi daranno un premio Nicolini al Teatro Argentina, io ho detto: “È un premio che riguarda anche voi, venite”. E, sa? Vengono tutti e 50».

( cfr : Repubblica.it ) 9 V 2024

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